venerdì 7 dicembre 2007

GLI ANNI FA

Quali sono gli “anni fa”? È una domanda alla quale non so rispondere.

L’ho capito l’altra mattina, verso le 11, guardando lo schermo sfocato del computer che stavo usando in ufficio - perché non è sempre lo stesso. Sono mesi che mi cimento nel nomadismo informatico, vagando da una scrivania all’altra, a seconda delle mansioni da svolgere. Se uno non si collega in rete ma apre i Pdf, l’altro si connette all’Ansa ma non ha le mailing list su Outlook. Insomma, un mare di inglesismi e acronimi con il risultato che solo sommati i nostri “supporti informatici” garantiscono tutto lo spettro delle magiche funzioni attuabili. Non è poi solo una questione di computer, perché comunque ogni postazione ha la sue caratteristiche peculiari: dalla comodità delle sedie (con o senza schienale/rotelle) allo strato di polvere e briciole sulla tastiera. Senza contare la variabile dell’interno telefonico di cui è priva la metà delle scrivanie.

L’altro giorno, però, mi era andata bene. Ero seduta alla work station più accessoriata, sulla sedia rotante verde acido (lo stesso identico modello di quella arancione scuro che ha accompagnato i miei compiti adolescenziali) di Manuela che non potrà usufruire dello schermo piatto ma almeno non deve assistere alle gelate continue dei programmi. Soprattutto, la sua ubicazione ha un nome, o meglio, un numero (317) e un cassetto pieno di panni Swiffer che passa regolarmente.

Immersa in questo angolo di Eden ricavato nella quotidiana agitazione del simpatico ufficio stampa, impegnato nel sociale e sul fronte del disagio ma spesso e volentieri catalizzatore di confusione, mi sono dovuta arrestare davanti a questa frase:

“Vale, sai che Guccini e Incontro mi fanno sempre pensare ad alcuni momenti di anni fa?”

L’attacco di un’e-mail di Pampy, l’ingegnere romanziere sospeso tra bio-medicina e arte, fibre di carbonio e parole, terra e il cielo. Lui che è ancora fra Torino e Londra, come lo sono stata io, “anni fa”. Prima semplicemente il cugino colto della mia migliore amica del tempo poi, nella veste inaspettata di coinquilino al numero 2 di Bath Street (anche detta via Del Bagno), splendido complice dell’inizio di una nuova vita. Condividendo, per divertimento, fornelli, divani, bucati, scontrini, bus a due piani e tè bollenti. Per necessità di spirito, invece, abbiamo spartito canzoni, film, libri, barricate improvvisate e cocci di bicchieri di cristallo lanciati contro i muri rigorosamente color magnolia del nostro flat londinese.
“Chi rompe paga e i cocci sono i suoi” ci ripetevamo sempre scherzando. Credo che i cocci fossero di entrambi ma non ce lo siamo mai detti direttamente. Il vetro trasparente lo abbiamo spaccato insieme, senza cercare nomi propri per le nostre schegge taglienti.
Calati in una dimensione vaga ma cosciente, abbiamo osservato i tempi e le stoccate dei rispettivi motori d’inquietudine evitando, però, di scambiare posti di guida. Ci siamo accompagnati, tacitamente, a vicenda mentre lui correva pieno di aspettative incontro alle luci dell’alba (nel suo primo anno a Londra) e io cercavo le forze almeno per voltarmi a guardare il tramonto (era l’ultimo anno di università). Quante ore passate a inventare, quanti bigliettini e quanti crampi dal ridere. Un anno ricchissimo che, mi è sovvenuto in quel momento, fa forse già parte degli “anni fa”.

C’era Incontro, la poesia musicata di Guccini, che raccontava quello che forse solo ora è diventato reale, adesso che alcuni ricordi mi “avvolgono come miele” e che anche con lui a volte mi sento un’estranea quando parliamo del passato come “fossimo due vecchi”. Malinconie “brevissime” (Vecchioni) con venature dolci ma capaci di bloccare movimenti di risalita e diventare prigioni d’oro.

Penso che negli anni fa ci potrei mettere di tutto: le mattine d’autunno quando aspettavo il pulmino della scuola al cancello di casa e mio padre, uscendo con la macchina per andare al lavoro, dal finestrino disegnava una sciarpa con le mani per farmi segno di non prendere freddo. Era ancora negli “anni fa” che tremavo a sentir pronunciare il gioco delle tre carte e, ingannevolmente rassicurata, mi lanciavo a notte alta giù da ripidi scalini di legno chiaro per tornare a casa a fari spenti. C’erano poi le camminate di ritorno dall’università che mi portavano davanti al British Museum all’ora in cui si trasformava, con spettacolari giochi di luce, in un tempio, calato sull’Olimpo delle ventose notti londinesi.
Un’immagine degli “anni fa”? La felpa di Snoopy sorridente con la racchetta da tennis in mano (anzi, “in zampa”) che mia mamma si metteva in casa quando ero piccola; ma erano gli anni Ottanta e nel nuovo secolo i suoi golf sono solo grigi o, al massimo, blu. Sulla carta, anche le buche della lupetta Tracy e gli scherzi telefonici di Gianni sono ora parte degli “anni fa” ma la pratica è molto diversa.
Negli “anni fa” non facevo mai domande, per paura delle risposte. Adesso di quesiti ne pongo troppi, strizzando gli occhi per spiare le bugie e rimanendo sempre insoddisfatta delle repliche. Una sera di “anni fa” fui invitata a una cena casalinga di pesce che mi sciolse dal cuore diffidente le catene della malinconia rancorosa ed entrai, in punta di piedi, dentro alla vita che avevo sperato, per mano a chi non avrei mai sospettato.

Forse è vero che, come suggerisce Vecchioni, gli anni sono solo dei momenti ma senza gli “anni fa” non saprei chi sono. Avrei il nulla dietro le spalle e il niente davanti. Gli “anni fa” sono stati l’opportunità più valida e la mappa più precisa, rigorosamente scritta con un inchiostro invisibile che l’ha resa leggibile solamente dopo. In un testo dolce-amaro, Amedeo Minghi canta : "tradiscono i decenni, saranno gli anni fa; questi anni non li avrai, se non li perderai". Perché gli “anni fa” si riconoscono sempre dopo, nel secondo tempo, e solo con attenzione (e fortuna) possono essere inglobati senza dolore prima che la partita finisca.

Un quadro che si complica volendo togliere la dimensione temporale e immaginando che gli “anni fa” esistano già in contemporanea, nel momento in cui vengono vissuti, in altre dimensioni/esistenze parallele. Una realtà abbastanza plausibile, per quello che sappiamo sul significato del nostro passaggio terreno (zero!), che a volte sembra manifestarsi nei brevi momenti di coscienza in cui convergono passato, presente e futuro, sancendo istanti di comprensione cosmica in cui l’universo sembra svelare le sue dinamiche. Ma sono solo lampi che abbagliano pochi attimi di vite destinate a ripiombare nei girotondi meccanici e spaventati delle incertezze.
Gli “anni fa” però rimangono indispensabili e, forse, anche insuperabili.

Valentina Malcotti©

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good