giovedì 3 gennaio 2008

La nostra Legge del Tre

Interno, Notte - Soppalco di un locale

Era un misto di menta e tabacco quello che sentiva sul palato mentre cercava, sulle panchine di legno grezzo, un buco per ammassare il nuovo cappotto natalizio, combattuta dall’ansia di non ritrovarlo. Il suo pessimismo, però, stava vacillando quella notte, rapito da una curiosità per quel tipo alto e calmo con il quale aveva chiacchierato fino a un’ora prima sorseggiando un mojito appollaiata su uno scomodo sgabello (naturalmente di raffinato design) in uno di tanti locali, fatti con lo stampino, che si affacciano sul Po.

Anonimo il locale. “Anonime queste serate” aveva pensato entrando infreddolita in quella specie di monolocale pieno di bicchieri e baristi dai sorrisi forzati, ma era ben decisa a godersi la compagnia delle sue amiche storiche e a non lasciarsi trasportare dal vuoto che temeva avrebbe sentito il mattino dopo aprendo gli occhi su una domenica come tante.

Con messaggini e squilli vari il gruppetto di tre ragazze fu pian piano raggiunto da ritardatari, coppie e i soliti “amici di amici”. Così classificò mentalmente il ragazzo che si sedette alla sua sinistra dopo averle stretto la mano e chiarito all’istante che il nome Ciro non era un’abbreviazione o un diminutivo. “Ciro e basta” aveva risposto divertito trasmettendole una tranquillità istantanea.

Dopo brevi parole banali e impacciate (“Cosa fai?” “Di chi sei amico/a?”), la convergenza astrale fu confermata da un cenno storico: Napoli - Portici e Torino - Moncalieri furono, in assoluto, le prime due tratte della ferrovia italiana. A Portici lui aveva vissuto 14 anni, gli stessi che lei aveva speso a Moncalieri. Non aveva nessuna importanza, certo, ma in quel momento assunse un significato speciale che si aggiunse a quello che scaturì, pochi minuti dopo, dal dialogo su Giuditta Dembech e le differenze esoteriche fra le spirali di Milano e le griglie squadrate di Torino.

Lo sentiva vicino. Avvertiva qualcosa di “giusto”. Si fidò delle sue sensazioni e accettò di proseguire la serata dal mitico Giancarlo, stipato all’inverosimile in quei giorni di inizio anno. Era affacciata su un piccolo soppalco quando un braccio conosciuto le cinse le spalle. Era Lorenzo, già in maniche corte nonostante le rigide temperature, che le porgeva il suo Negroni: “prendi un sorso, bionda”. La chiamava spesso così nei due anni in cui avevano diviso l’appartamento a Londra. Lei si bagnò le labbra nel cocktail e a occhi chiusi fece un tiro della sigaretta che teneva fra le dita dell’altra mano. Lori avvicinò le bocca al suo orecchio e le disse: “stai tranquilla. Non ti frenare. Non pensare a niente. Zero paranoie e stai sintonizzata. D’accordo?”.

Quando lui si stacco per guardarla in faccia, lei scorse nei suoi occhi la bontà di un amico che sapeva tutto e immaginava cosa le stava passando per la testa. Decise di ascoltarlo, sentendosi anche più leggera nel dividere quel peso con lui. Aveva capito che quel ragazzo con il nome da pubblicità della mozzarella di bufala l’aveva in qualche modo “toccata” e voleva spronarla a non liquidare tutto per un’errata definizione di “sacro” che lei si ostinava a proteggere.

Ciro la raggiunse dopo pochi istanti con la sua felpa arancione e i pantaloni con le tasche. Ancora parole imbarazzate mentre si sfioravano seguendo il ritmo della musica uno di fronte all’altro. Furono più gli sguardi delle parole perché il volume era alto e “Amore disperato” di Nada rimbalzava nei timpani narrando, al “Sassofono Blu”, la stessa voglia d’amore che i due stavano respirando. Improvvisamente non sentì più nulla e lentamente attorno alla coppia svanì lo squallore non troppo sottile di quel posto.

Manca solo il “c’era una volta” e potrebbe essere una favola ma il senso intrinseco della vita è nella sua contrapposizione naturale alle certezze fiabesche. Nei primi mesi non mancarono le minacce imposte dalla distanza e da modelli troppo ingombranti di entrambi, né i dolori pericolosi della non esclusività (reale o immaginata). Arrivò in soccorso la forza benevola della Legge del Tre, creatrice di tutte le cose manifeste e non. Un aiuto per pareggiare i loro karma, finalmente ritrovati per unirsi nello scopo comune di onorare il loro amore che già esisteva, conservato dal guardiano del tempo. Si videro tre volte prima che lei partisse di nuovo. Tre mesi dopo quella prima serata le loro anime si scelsero consapevolmente.


Questi sono i miei auguri e i miei ringraziamenti per i nostri tre anni insieme…non è un granché ma faccio fatica a scrivere di noi. È così difficile raccontare la felicità. . .
Valentina Malcotti©

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