A colpi di machete gli Hutu massacrarono i tutsi e gli stessi hutu “moderati”, in quel momento al potere (appoggiati dalla Francia). Due etnie figlie della ferita coloniale,
due gruppi che convivevano in pace, finché i colonialisti belgi non
imposero loro gerarchie, esacerbando le differenze fra i tutsi “nobili” e
gli hutu “popolani”. A partire dagli anni Sessanta, prima di
questo terribile genocidio, uno dei più sanguinari del XX secolo, hutu e
tutsi si erano già scontrati anche in altri territori, come i vicini
stati dell’Uganda, Burundi, Congo e Tanzania. Con la fine della
guerra fredda e il post colonialismo le sovrastrutture coloniali non
ressero e un odio di classe sfociò nel massacro che conosciamo.
A ventuno anni dalla strage, il genocidio del Ruanda resta per molti versi una tragedia annunciata. Ancora dubbi sono i coinvolgimenti di alcuni Paesi occidentali e il ruolo dei vertici delle Nazioni Unite.
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