Burhan Sönmez, avvocato e giornalista, ha vissuto
in esilio dalla sua Turchia per molti anni a causa dei regimi totalitari
da cui ha anche subìto, nel 1996, violenza fisica. Anche oggi che va e
viene dall'Anatolia conserva lo sguardo malinconico e incantato di chi
ha amato la sua terra da lontano.
Questa carica autobiografica è la forza del suo secondo romanzo, Gli innocenti (Del Vecchio,
2014 – traduzione di Eda Ozbakay), un'opera di memoria e speranza che
quando uscì, nel 2011, gli valse, in patria, il prestigioso premio
letterario Sedat Simavi.
È un romanzo tutto sommato breve,
frammentato ma non frammentario, esattamente come l'identità nazionale e
l'ombra lunga che essa getta sull'identità personale.Due livelli temporali: il "presente" degli anni Settanta a Cambridge e l'infanzia,
a ritroso, nelle generazioni abitanti la piana a prevalenza curda di
Haymana, vicino ad Ankara (luogo natale dello stesso Sönmez). Leggi tutta la recensione
Nessun commento:
Posta un commento