Il pensiero non può che tornare alla sella del "vecchio Alex", lanciata verso Adelaide nella Bologna punk dei primi anni Novanta. Ai tempi di Jack Frusciante
Brizzi non era ancora ventenne; oggi, alla soglia dei quaranta, con una
ventina di libri all'attivo, e dopo aver macinato chilometri a piedi e
in bicicletta, l'autore bolognese fa un ultimo Amarcord in
cui riversa tutta la sua passione per quell'Italia su due ruote che si
infiammava per gli eroi del ciclismo, passisti, scalatori o gregari che
fossero.
Dalle biglie ai racconti “rossi” da bar, Brizzi
abbina ogni capitolo al telaio di una bici, tessendo un romanzo di
formazione personale in cui si specchia un'intera generazione.
Lo abbiamo intervistato al Salone del Libro di Torino.
Presentando In piedi sui pedali ha dichiarato che «questo libro è un cerchio che si chiude», e che d’ora in poi scriverà qualcosa di completamente diverso…
Sì, il progetto a cui sto lavorando adesso – in
realtà più d’uno, però il più ambizioso – è un romanzo che consegnerò
alla fine dell’anno e che sostanzialmente è una storia di quarantenni,
una storia di personaggi che si confrontano con i passaggi cardine della
vita, in particolare il matrimonio e tutto quello che ci sta intorno.
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