martedì 5 maggio 2009

Intemperanza al tramonto o tramonto di intemperanza?


«A cosa pensi?», le chiede guardando il mare.

«Niente, in questo momento credo di essere felice ma sento anche una sorta di atomo di panico. Pesa proprio qui». Posa il palmo piatto sul petto, in corrispondenza del suo sterno, e prova a fare un respiro lungo. «Mi sembra quasi di vivere già la malinconia del tempo in cui questo preciso momento sarà già passato. Non so come dire. A te non capita mai?».

Si volta verso Ludovico che invece stringe le spalle senza spostare lo sguardo dalla palla di fuoco che tramonta all’orizzonte.

«Sarà ansia. Mah, secondo me, comunque, è vero che in questo gli uomini sono un po' diversi; in generale funzioniamo più a compartimenti stagni. Meno rimuginare. Meno paranoie. Meno pensieri che girano a vuoto».

Gloria sorride con ironia, quasi come se non credesse alle sue parole.

«Che c'è? Non sei d'accordo?». La voce di Ludovico ha tremato per un attimo.

Lei riprende con lo stesso tono, passandosi la sabbia fra le mani come una clessidra.

«Fino ad un certo punto. Non credo che tutti gli uomini siano davvero così. Non ne farei una questione biologica. A tutti, in alcuni momenti, piace pensare di essere lucidi e rilassati, privi di turbamenti emozionali. Ma la realtà è diversa e non sempre la tranquillità ostentata è reale. Anche tu, non è che sei sempre tutta questa infusione di zen, no?».

«In che senso?» ribatte Ludovico quasi attonito.

Gloria esita un attimo di fonte alla domanda ma continua fingendo serenità: «Nel senso che anche tu puoi essere una persona ansiosa. Non è che dire sempre agli altri di stare calmi faccia di te un tipo calmo. Anzi, il contrario».

La ragazza cerca la complicità di Ludovico ma lui, che nel mentre si era inginocchiato sulla sabbia, si alza di scatto e, colpendosi rumorosamente per levare i granelli dalle ginocchia nude, sbotta: «Ma tu cosa ne sai di come sono io? Neanche mi conosci! Sei sempre solo pronta a sparare giudizi. È ovvio che con una come te non c'è che da andare fuori di testa».

Gloria, che crede di avere ancora la situazione sotto controllo e di mitigare la reazione di Ludovico con qualche battuta, si rivolge a lui in tono canzonatorio.

«Con questa reazione, amore, mi dai ragione!».

Si stringe per farlo risedere accanto a lei sul telo colorato di spugna, ma Ludovico si aggira nervosamente sul bagnasciuga con lo sguardo che Gloria conosce troppo bene: un misto di rabbia e rancore ma anche panico e cinismo. Il ragazzo non sembra neanche sentire il suo «scusa amore, non te la prendere, stavo solo scherzando».

Gloria percepisce che, come da copione, la situazione sta precipitando. Pur non volendolo ammettere a se stessa, il suo stupore è fuori luogo. Non è la prima volta che Ludovico reagisce così, che la rende schiava del suo umore. La malinconia esistenziale della felicità, espressa cinque minuti prima, ora si è trasformata in una violenta ondata di panico. La crepa nella comunicazione si allarga velocemente. Decide di alzarsi e fare due passi verso di lui per sfiorargli un braccio ma Ludovico le ringhia a due centimetri dal viso: «Guarda Gloria, se non ti vuoi fare male è meglio che mi stai alla larga adesso».

Gloria cade nel baratro. Improvvisamente la sua amata spiaggia familiare è diventata una grigia landa desolata in cui vaga come una viandante dispersa. Le esce qualche parola a caso, insieme ad alcune lacrime.

«Ma cosa ho fatto? Perché fai cosi, Ludo? Spiegami, dai».

Il ragazzo non raccoglie i suoi spunti e, ormai chiuso in un preoccupante mutismo, si rimette la T-shirt e s’avvia verso il sentiero. La scena attrae l'attenzione dei pochi ospiti che si godono il paesaggio lagunare offerto dalla baia al tramonto. Ci sono due fratellini, forse gemelli, che giocano a racchettoni. Gloria li aveva osservati prima, meravigliata della pazienza infinita che i bambini investono nel gioco. I loro polsi sono ancora troppo giovani per tenere salda l'impugnatura di quei racchettoni di legno e, di conseguenza, non riescono a fare uno scambio che sia più lungo di un colpo a testa. Eppure si divertono e corrono energici a riprendere la pallina di gomma per rimettersi in posizione perfetta e cominciare da capo. Gloria si rivede nei loro movimenti, nel suo sperare che diminuiscano i colpi errati del match con Ludovico. Invece, anche la loro pallina rotola via dopo pochi scambi ed è sempre Gloria che si preoccupa di raccoglierla, pulirla dalla sabbia e riposizionarsi per la battuta.

In fondo alla spiaggia, dopo il guado e vicino al gabbiotto dei windsurf, c'è una famiglia napoletana che aveva già notato nei giorni passati. Arrivano in spiaggia ogni mattina verso le undici, con una marea di borse frigo e chiacchiericcio colorito. A giudicare dai numeri sono una famiglia allargata, con un mix vario di cognati, cugini e zii - tutti di carnagione chiara. Si piazzano sempre nello stesso fazzoletto di spiaggia, quasi come se fosse un posto assegnato, pur essendo una spiaggia libera.

I maschi della famiglia, a parte i ragazzi giovani, sfoggiano tutti gli slip con palme fluorescenti che usavano un tempo. Oggi fanno un po' sorridere, a meno che non vestano natiche scultoree e girivita depilati e abbronzati. Gli adolescenti maschi, tutti con capelli scurissimi, invece fanno venir caldo solo a guardarli, con quei boxer da mare fino a sotto il ginocchio e i ventri rotondi tipici dell’età dello sviluppo. Spiano con curiosità le forme delle due cugine coetanee che ostentano bikini troppo colorati e gridolini per attirare l'attenzione.

Come in tutti i gruppi che si rispettano, anche questa famiglia da caricatura sembra avere una sua pecora nera che ha le sembianze longilinee di una giovane ragazza. «Avrà la mia età», aveva pensato Gloria. Stava sempre seduta sotto l'ombrellone con le cuffie nelle orecchie o un libro in mano e sembrava annoiarsi terribilmente inserita in quel quadretto fuori tempo. Forse era in imbarazzo e faceva i conti con la sua voglia di avere una vita propria. Chissà quanti litigi per quell'ultima vacanza in famiglia. Gloria aveva incrociato il suo sguardo quando, il giorno prima, si era tolta gli occhiali da sole senza entusiasmo per osservare, su richiesta insistente di tutti i cuginetti, la misera pesca che lo zio aveva fatto sugli scogli: un piccolo polpo («da fare con la patate» aveva urlato la signora obesa con il costume fiorato) e un paio di pesci carabiniere.

Lo zio peloso le aveva mostrato il retino con un gesto trionfale mentre, con l'altra mano, infilzava l'arpione nella sabbia, mancando di qualche centimetro l'alluce smaltato della cognata che, addormentata al sole, cominciava ad assumere un colorito melanzana – che faceva pendant sia con il suo ampio due pezzi fasciante, sia con il rossetto fluorescente. Dopo avere posato brevemente gli occhi sulle povere carcasse ittiche, la ragazza si era voltata velocemente e, prima di nascondersi nuovamente dietro alle lenti scure, aveva incontrato lo sguardo di Gloria , intenta a spalmare la crema sulla schiena già abbronzata, ma piena di nei, di Ludovico.

Le due ragazze si erano scambiate un’occhiata inspiegabilmente intima, ricca di reciproca comprensione e defilata curiosità. A Gloria dispiaceva percepire l’imbarazzo di qualcuno, forse proprio perché anche lei odiava i momenti in cui si sentiva al centro dell’attenzione. Si dice che sentirsi osservati sia, paradossalmente, il più grande sintomo di una personalità egocentrica e non il risultato di un approccio timido.

Solo ventiquattr’ore prima era stata Gloria a compatire la ragazza, raccogliendo il suo tacito grido d’allarme; adesso si sono scambiate i ruoli e, mentre Gloria osserva pietrificata Ludovico imboccare il viottolo sterrato che riporta in paese, incrocia lo sguardo attento della ragazza, in piedi accanto all’ombrellone di famiglia. È un’espressione partecipe che la fa sentire nuda. Forse anche lei vorrebbe dirle ciò che i suoi amici le ripetono da mesi. Solo adesso Gloria si accorge quanto sia palese che lui la stia mollando lì, senza una parola. Se ne sono resi conto anche i genitori dei due gemellini che stanno ritirando i giochi, soppesando le reazioni di Gloria con occhiate fugaci di nonchalance. Non sapendo come togliersi dall'impaccio, Gloria decide di prendere i suoi infradito e seguire a passo normale Ludovico che ormai è già giunto a metà sentiero senza mai voltarsi.

Era bastato un attimo perché le scappasse tutto di mano e la palla cadesse di nuovo a terra. Stavolta, però, l’idea di chinarsi a raccoglierla le pesa più del solito. Entrando in paese, si ferma ad accarezzare Pandor, il cucciolo di Golden Retriever che vive qualche villetta prima della sua. Pandor è appena stato sciacquato dal sale della sua corsa sul bagnasciuga e si rotola felice e bagnato sull’erba, godendosi le grattatine pensierose di Gloria.

Quando arriva a casa Ludovico è seduto in giardino che fuma una sigaretta e parla divertito al cellulare. Non la degna nemmeno di uno sguardo quando gli passa accanto, continuando la sua conversazione esilarante, citando nomi di donne che gli ha sentito fare un sacco di volte.

Gloria si toglie il costume e, svuotata e confusa, entra nella doccia. Dopo poco Ludovico la raggiunge sotto il getto e, senza dir nulla, la bacia contro le piastrelle. Lo scroscio dell’acqua è assordante e Gloria scivola via un’altra volta. Eppure l’acqua non basta per lavare via quel pomeriggio, per lavare via lui.

Valentina Malcotti©

1 commento:

Anonimo ha detto...

Passato per caso....ho letto questo tuo post e non potevo non fissare la foto del tramonto! saluti